Biblioteca
La sacralità delle chiese e quella delle biblioteche sono identiche. Non si entra per chiacchierare in chiesa e non lo si fa nelle biblioteche, forse perché il silenzio che caratterizza queste ultime è pieno già di parole, quelle scritte nei libri, che hanno voce, identità, forma e fisionomia di veri e propri corpi.
Biblioteca deriva dal greco biblion e thékē, etimo classico che mette insieme due significati più vicini al nostro presente: libro e scrigno.
Nel fiato delle parole c'è un respiro di esistenze, un affollarsi di personaggi, di storie che sopravvivono eterni alle ostilità del tempo.
Shakespeare, in un sonetto che si intitola Tempo divoratore, si affanna a rivaleggiare con chi ha consunto gli artigli e le zanne del leone e della tigre e sta per fare la stessa cosa con la bellezza della sua donna. Quando si accorge di non poter limitare il passo di questo eterno signore, che tiene in mano la clessidra dei nostri giorni, allora si ingegna per sottrarre lei alla vecchiaia e alla morte con l’incommensurabilità del verso poetico.
Non è un caso se i nazisti il 10 maggio del 1933 nel rogo di Berlino scelsero di bruciare prima i libri e poi fecero altrettanto con gli Ebrei, la volontà – come temeva il poeta tedesco Heinrich Heine – era quella di distruggere persone e memoria.
I libri fanno davvero così paura? Hanno ragione quindi tutti quegli alunni che preferiscono non correre rischi.
In realtà il fuoco di quei libri bruciati dai nazisti, così come pure quello che arde nelle pagine di certi romanzi è una fiamma di verità, quella che Prometeo offrì agli uomini. Ogni parola è un seme, come si legge anche nell’indovinello veronese che ancora vecchi professori recitano a memoria con una strana nostalgia negli occhi, sperando che le nuove generazioni sappiano fare altrettanto, nella piena consapevolezza che esse, le parole, siano sempre odorose e piene come fiori di campo.
Quelli che stanno nella biblioteca del Mosè Bianchi sono proprio libri da prendere con la stessa lievità della mano che strappa un fiore.
La biblioteca sta fuori dall’Istituto, in una struttura prossima e raggiungibile a piedi dagli studenti. Prima della pandemia, e prima che i docenti diventassero una specie di ologramma in stanze virtuali, qui i professori del Mosè ricevevano i genitori nei giorni di colloquio. Appena l’onda di piena sarà passata, una volta archiviato il Covid e tutte le sue varianti, la biblioteca del Mosè sarà sottoposta a un vero e proprio restyling. Nuovi gli armadi e nuovi gli arredi dove mettere quei libri che ora giacciono nel disordine e alla rinfusa.
Il docente responsabile Prof. Gerardo Battagliere con l’appoggio del Dirigente e la collaborazione degli alunni si impegna ad ammodernare la superficie adibita a biblioteca facendola diventare uno spazio dove gli studenti possano ritrovarsi per studiare, confrontarsi, semplicemente per consultare dei libri e avvicinarsi alla lettura.
Leggere è un morbo infettivo e non difettivo, scrive Erri De Luca. Difettivo è il mondo a libro chiuso, prosegue l’autore, perché il recinto dei libri è come una mongolfiera che si affaccia su tutto. Per De Luca “I libri non raddoppiano lo spessore dei muri, lo annullano. E se è vero che “attraverso le pagine si vede fuori” allora è giusto anche offrire ai nostri ragazzi uno spazio che sia finestra da dove potersi affacciare per mettere gli occhi sul mondo.